Perché è il migliore?
Gaetano Scirea era l’anima silenziosa della difesa italiana, un libero che incarnava eleganza, rispetto e perfezione tattica. Non c’è mai stato un difensore come lui, capace di unire tecnica sopraffina e una correttezza fuori dal comune. In un’epoca di difensori aggressivi, Scirea si distingueva per la sua calma e il suo fair play, concludendo la carriera senza mai ricevere un cartellino rosso. Il suo contributo alla Juventus e alla Nazionale italiana è incalcolabile, e la sua tragica scomparsa nel 1989 ha lasciato un vuoto incolmabile. Scirea era un simbolo di quello che il calcio dovrebbe sempre essere: non solo competizione, ma anche rispetto e dignità.
Gli inizi
Nato e cresciuto a Cernusco sul Naviglio, Gaetano Scirea ha cominciato a giocare a calcio nell’oratorio del suo paese, mostrando subito un talento innato. Dopo il passaggio all’Atalanta, il giovane Scirea si trasferì alla Juventus nel 1974, dove raccolse l’eredità di Sandro Salvadore, diventando presto un pilastro della difesa. Con la maglia bianconera vinse tutto ciò che un calciatore può sognare: sette scudetti, una Coppa dei Campioni, una Coppa UEFA, e naturalmente, il Mondiale del 1982. La sua carriera è stata un esempio di dedizione e lealtà, divenendo non solo una leggenda del calcio, ma un modello di comportamento dentro e fuori dal campo.
Unicità
La grandezza di Scirea risiedeva nella sua visione di gioco e nella sua eleganza innata. Era un difensore che non si limitava a difendere, ma che sapeva anche impostare l’azione. Le sue qualità di passaggio erano pari a quelle di un centrocampista, e la sua calma sotto pressione era leggendaria. Non solo anticipava le mosse degli avversari, ma contribuiva anche all’attacco, spesso avanzando con il pallone e creando occasioni per i compagni. Il suo gioco era caratterizzato da una naturalezza che lo rendeva quasi invisibile, come se fosse un’ombra nella difesa avversaria. Per i tifosi italiani, Gaetano Scirea è stato il cavaliere silenzioso, un eroe che ha portato l’Italia al trionfo con un’umiltà rara.
Partita memorabile
L’11 luglio 1982, nella finale del Mondiale contro la Germania, Scirea diede un’ulteriore dimostrazione del suo valore. Durante l’azione che portò al gol di Tardelli, fu proprio lui a iniziare l’azione, con un passaggio preciso e deciso. La palla passò dai suoi piedi a quelli di Bruno Conti, per poi arrivare a Tardelli, che segnò uno dei gol più iconici della storia italiana. Quella notte, Scirea si consacrò definitivamente come uno dei più grandi difensori del mondo. Con la Coppa del Mondo tra le mani, Gaetano aveva dimostrato ancora una volta che il calcio non è solo forza, ma anche intelligenza e cuore.